Con tale pronuncia il Supremo Collegio, senza giustificare la condotta dell’intermediario – il cui inadempimento degli obblighi informativi posti a proprio carico, così come la violazione dei canoni di correttezza e buona gestione del rapporto, risultano giudiziariamente provati già dalla Corte Territoriale (CdA di Napoli) –  ha escluso che il risparmiatore vanti un diritto risarcitorio in ragione di quanto statuito dal secondo comma dell’art.1227 c.c., atteso che – come provato in sede di merito – trattasi di investitore pienamente consapevole dell’anomalo modus operandi dell’intermediario (la vicenda ha ad oggetto l’operatività su contratti FIB 30 e MIB 30). Ai fini della pronuncia ha avuto carattere dirimente il profilo dell’investitore – la cui operatività è risultata molto ricorrente – soggetto costantemente presente presso il “borsino” della banca, attento a visionare le “fiches” degli ordini e addirittura titolare di uno specifico conto corrente, denominato “margini iniziali su contratti FIB 30”, al quale aveva accesso (circostanza dimostrata dal compimento, su tale conto, anche di operazioni “ordinarie”). Appare condivisibile la scelta della Corte, che ha ritenuto di non dover tutelare chi ben avrebbe potuto concretamente attivarsi per evitare l’insorgere del danno. Trattasi, va ribadito, di pronuncia che non tutela affatto gli istituti di credito in caso di compimento di operazioni avventate disposte con i risparmi di investitori (la stragrande maggioranza) che hanno un profilo differente dall’investitore napoletano.

 

Corte di Cassazione, sentenza n.28362 dell’11.12.2020