Con ordinanza n.23856 del 03.09.2021, la sesta sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito che “qualora una banca intenda far valere un credito derivante da un rapporto di conto corrente deve provare l’andamento dello stesso per l’intera durata del suo svolgimento, dall’inizio del rapporto e senza interruzioni”. Gli Ermellini, quindi, nel respingere il motivo di ricorso dell’istituto bancario, hanno confermato la pronuncia della Corte territoriale che aveva giudicato privo di prova il credito lamentato.
Pur chiarendo che il caso trattato riguarda l’accertamento del credito discendente dalla concessione, alla società cliente, di n.7 anticipazioni regolate su conto corrente, va osservato che, in termini generali, il principio sancito dalla Cassazione sembra il superamento del noto “principio del saldo zero”: secondo giurisprudenza sino ad oggi consolidata, difatti, laddove una banca richieda il pagamento del saldo passivo di un conto corrente esibendo in giudizio estratti (in serie continua) decorrenti da una data – successiva a quella dell’impianto del rapporto – in cui il saldo del conto già risultava debitore per il correntista, la ricostruzione contabile del rapporto, da elaborarsi onde accertare il reale saldo finale del conto, deve prendere le mosse dal “saldo zero”. In pratica, quindi, occorre ricondurre a zero il saldo debitore iniziale per il quale la banca non abbia fornito prova della relativa genesi (da qui il nome di “principio del saldo zero”).
La pronuncia in commento, oltre ad essere interessante perché, come osservato, sembra superare un principio – appunto quello del “saldo zero” – lungamente impiegato nei giudizi in cui il correntista si oppone alla richiesta (avanzata dalla banca) di pagamento del saldo debitore del conto corrente, è di estremo interesse anche perché emessa – dalla stessa sesta sezione della Corte di Cassazione – dopo pochi giorni dalla pubblicazione, avvenuta in data 05.08.2021, dell’ordinanza 22387. Mediante tale ultima pronuncia, il Supremo Collegio, proprio esprimendosi sul problema della mancata produzione degli estratti conto iniziali di un rapporto di conto corrente, ha approfondito il tema dell’onere della prova nei giudizi di opposizione a decreto
ingiuntivo in cui il correntista opponente spiega domanda riconvenzionale. La Corte, con l’ordinanza 22387, ha statuito che entrambe le parti sono onerate della prova delle contrapposte pretese aventi rispettivamente ad oggetto l’inesistenza e l’esistenza del credito dedotto in lite. Queste le parole degli Ermellini: “essendo sia la banca che il correntista onerati della prova dei propri assunti, la mancata produzione degli estratti conto assume una colorazione neutra sul piano della ricostruzione del rapporto di dare e avere e giustifica, come tale, un accertamento del saldo di conto corrente che non è influenzato dalle movimentazioni del periodo non documentato. Infatti, proprio in quanto ognuna delle parti assume la veste di attore all’interno del giudizio, è inconcepibile che l’una e l’altra possano giovarsi delle conseguenze del mancato adempimento dell’onere probatorio della controparte. In tal senso, mancando la prova delle movimentazioni del conto occorse nel periodo iniziale del rapporto, il correntista non potrà aspirare a un rigetto della domanda di pagamento della banca, ma, al contempo, questa non potrà invocare, in proprio favore, l’addebito della posta iniziale del primo degli estratti conto prodotti”.
Quindi, unicamente nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo in cui il correntista opponente spiega domanda riconvenzionale deve ritenersi applicabile – per un problema di equità nel riparto degli oneri probatori – il “principio del saldo zero”. In assenza di domanda riconvenzionale, la banca è onerata di produrre in giudizio gli estratti sin dall’impianto del rapporto oggetto delle proprie pretese creditorie, pena il rigetto della propria domanda.
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