Con sentenza n.9211 del 22.03.2022, la Corte di Cassazione, richiamando SS.UU. n.2061/2021, ha ribadito che “la disciplina di cui all’art. 1, commi 136-140, della legge n. 124 del 2017 non ha effetti retroattivi, sicché il comma 138 si applica alla risoluzione i cui presupposti si siano verificati dopo l’entrata in vigore della legge stessa; per i contratti anteriormente risolti, come quello in esame, resta valida, invece, la distinzione tra “leasing” di godimento e “leasing” traslativo, con conseguente applicazione analogica, a quest’ultima figura, della disciplina dell’art. 1526, cod. civ., e ciò anche se la risoluzione sia stata seguita, come nel caso, dal fallimento dell’utilizzatore, non potendosi applicare analogicamente l’art. 72-quater I.fall.”. La Corte, poi, si è incentrata sul meccanismo risarcitorio e sul concetto di “equo compenso”, che “non può escludere il deprezzamento economico che, in ipotesi, subisca anche il cespite immobiliare, poiché riferibile all’uso che, nella variabile temporale, ha fatto il concessionario il quale, con il suo inadempimento, ha non solo impedito al concedente di acquisire le utilità̀ contrattuali previste, ma rilasciato, altresì, il bene con un valore di realizzo inferiore in relazione alla durata per la quale si sia protratto l’uso stesso”.

Corte di Cassazione, sentenza n.9211 del 22.03.2022