Con ordinanza numero 18153/2020, la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha stabilito che “non ha pregio la tesi secondo cui, in presenza di un investitore pur aduso ad operazioni finanziarie a rischio elevato, che risultino dalla sua condotta pregressa, la banca sia esonerata dall’assolvimento degli obblighi informativi, prescritti in generale senza eccezioni dall’art.21 d.lgs. n.58 del 1998, con le relative specificazioni regolamentari”.
Difatti, secondo l’art.28 reg. Consob n.11522 del 1998, gli intermediari autorizzati non possono effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio di gestione <>.
In sintesi, secondo il Supremo Collegio, “obbligo primario dell’intermediario è offrire la piena informazione attiva circa la natura, i rendimenti ed ogni altra caratteristica del titolo, non potendosi affatto presumere che l’investitore debba necessariamente cogliere tutte le implicazioni di un dato investimento solo perché in passato abbia già acquistato azioni o altri titoli sebbene a rischio elevato”.
In tema di oneri probatori, la Cassazione ha chiarito che “l’art.23, comma 6, d.lgs. n.58/1998 prevede un’inversione dell’onere della prova in favore del cliente, spettando all’intermediario di provare di aver agito con la specifica diligenza richiesta: dunque, grava sulla banca l’onere di dimostrare, in particolare, di avere correttamente informato i clienti sulla natura, i rischi e le implicazioni della specifica operazione o del servizio”.
In ultimo, con riguardo alla prova del danno subito, la Corte ha chiarito che “se è certamente vero che il danno derivante dall’inadempimento degli obblighi informativi non può mai considerarsi in re ipsa, tuttavia – in assenza dell’assolvimento dell’obbligo informativo – sussiste una presunzione dell’esistenza del nesso di casualità, quanto all’avvenuta effettuazione di una scelta non consapevole da parte dell’investitore, i cui effetti giudiziali non possono pertanto essere ascritti alla sua volontà”.
Allegato Cass. Prima Sez. Civ. n.18153 del 31.08.2020
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