Con una interessante pronuncia del 12.07.2021, il Tribunale di Napoli si è espresso su alcuni e rilevanti temi usualmente posti all’attenzione dei Magistrati nell’ambito dei giudizi aventi ad oggetto rapporti di conto corrente con annessa apertura di credito.

La prima questione approfondita è di carattere processuale. Il Giudice partenopeo ha chiarito le laddove il giudizio venga promosso (dal correntista) per ripetizione di indebito ex art.2033, l’attore può, in sede di precisazione della domanda (da formularsi con le prime note ex art.183, sesto comma, c.p.c.), rinunciare all’azione di ripetizione e limitarsi a richiedere unicamente l’accertamento del reale saldo del rapporto. In tal caso, difatti, non vi è la proposizione di alcuna nuova domanda, atteso che l’azione di ripetizione presuppone l’accertamento del saldo del conto. Di contro, rinunciata all’azione di ripetizione, la stessa non può essere riproposta nelle memorie conclusionali.

Altra rilevante questione trattata dal Tribunale attiene all’eccezione di prescrizione spiegata dalla banca convenuta, eccezione che nel caso di specie è stata giudicata “destituita di fondamento”.

Sul punto il Giudice ha chiarito che qualora la banca eccepisca l’intervenuta prescrizione del diritto attoreo, è onerata di provare il superamento, ad opera del correntista, del limite di affidamento e, quindi, la natura solutoria delle rimesse. Sull’argomento il Magistrato ha fornito un’interpretazione assolutamente condivisibile dei più recenti arresti della giurisprudenza di legittimità. Chiarissimo il percorso argomentativo del Tribunale di Napoli: “Sotto il profilo dell’astratta ammissibilità dell’eccezione di prescrizione sicuramente va condiviso l’orientamento di recente sposato dalle Sezioni Unite secondo il quale l’onere di allegazione gravante sull’istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l’eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l’azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da un’apertura di credito è soddisfatto con l’affermazione dell’inerzia del titolare del diritto e la dichiarazione di volerne profittare, senza che sia anche necessaria l’indicazione delle specifiche rimesse solutorie. (cfr. Cass. SS.UU. n.15895 del 2019, le quali riprendono Cass. 18581/2017; 4372/2018; 18144/2018; 2660/2019). Occorre però distinguere il profilo dell’onere di allegazione che rende l’eccezione di prescrizione ammissibile, dall’onere probatorio, che invece va ad incidere sulla fondatezza dell’eccezione proposta e che incombe sempre su chi allega quel determinato fatto estintivo. Come le stesse Sezioni Unite hanno confermato, grava sulla banca – a fronte di un rapporto di conto corrente con apertura di credito – l’onere di provare, ai fini della fondatezza dell’eccezione, non solo il mero decorso del tempo ma anche l’ulteriore circostanza dell’avvenuto superamento, ad opera del cliente, del limite dell’affidamento e, conseguentemente, della valenza solutoria delle rimesse successivamente effettuate (Cass. n.12977 del 2018; SS.UU. 15895 del 2019)”. In sintesi, “qualora il conto sia assistito da apertura di credito”, la banca è onerata “di fornire la prova dell’esistenza di rimesse solutorie….prova che è di per sé decisiva per rilevare la prescrizione del diritto di ripetizione”. Nello specifico, trattandosi di un rapporto di conto corrente con annesse aperture di credito per le quali non è stata dimostrata l’esistenza di sconfinamenti dai fidi concessi, deve ritenersi che non sia stata vinta dalla banca la presunzione di ripristinatorietà delle rimesse effettuate dal correntista nello svolgimento fisiologico del rapporto”.

In tema di oneri probatori, il Tribunale di Napoli ha chiarito che – pur prescindendo dal “principio della vicinanza della prova” – incombe sempre sull’istituto di credito, sia se attore sia se convenuto, l’onere di produrre i contratti regolanti i rapporti oggetto di causa; ciò affinché sia dimostrato il rispetto del requisito della forma scritta ex art.117, comma primo, TUB. Dal canto suo, il correntista attore ha sempre l’onere di produrre gli estratti conto onde dare la prova dell’esistenza di addebiti illegittimi, fermo restando che, come chiarito dal Magistrato richiamando i precedenti di legittimità, laddove la produzione documentale sia parziale “il giudice ben può avvalersi di un consulente d’ufficio, essendo sicuramento consentito svolgere un accertamento tecnico contabile al fine di rideterminare il saldo del conto in base a quanto emergente dai documenti prodotti in giudizio”.

Per quanto concerne l’eccepita usurarietà del rapporto, il Magistrato ha rigettato la domanda per assenza di prova, atteso che la correntista – oltre a non aver prodotto i decreti ministeriali ex legge n.108/1996 – si sarebbe limitata ad indicare i trimestri in cui sarebbe stata superata la soglia di usura senza neppure indicare il tasso in concreto applicato dalla banca ed il TEGM medio tempore praticato sul mercato.

Tribunale di Napoli, sentenza del 12.07.2021