La Corte di Cassazione, con ordinanza n.2338 del 24.01.2024, ribadisce – consolidando così il proprio orientamento (cfr. ordinanze n.34997/2023 e n.35189/2023) – che la nullità per il difetto di forma scritta di cui all’art. 117, comma 1, t.u.b. è una nullità di protezione, potendo essa operare «soltanto a vantaggio del cliente» (art. 127, comma 2, t.u.b.).
Pertanto, il mancato rispetto della forma scritta del contratto di apertura di credito non può essere opposto al correntista che, di contro, può provare l’esistenza del fido anche per presunzioni.
Tra i possibili modi idonei a dar prova dell’esistenza del fido vi sono anche le evidenze emergenti dalla Centrale Rischi.

Questi i principi espressi:
– la nullità prevista dall’art. 117, commi primo e terzo, TUB per l’ipotesi in cui il contratto non sia stato stipulato in forma scritta si configura come una nullità di protezione, siccome funzionale nel contempo alla tutela di un interesse tanto generale (l’integrità e l’efficienza del mercato), quanto particolare/seriale (quello di cui risulta esponenziale la classe dei consumatori o dei clienti);

-la rilevazione della nullità incontra pertanto il limite della conformità del rilievo al solo interesse del contraente debole, ossia il cliente; quindi non può dichiararsi la nullità del contratto di apertura di credito per mancanza della forma scritta quando ciò è contrario all’interesse della parte debole, la quale si vedrebbe dichiarare prescritte le rimesse ripetibili, in quanto solutorie in assenza di fido;

-non può conseguentemente ritenersi preclusa ai clienti la possibilità di fornire la prova dell’affidamento attraverso mezzi diversi dalla produzione del documento contrattuale, quali gli estratti conto o riassunti scalari, attestanti il reiterato adempimento da parte della Banca di ordini di pagamento impartiti dalla correntista, anche in assenza di provvista, le risultanze del libro fidi, attestanti l’esistenza di una delibera di concessione di un finanziamento, o la segnalazione alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia, nella misura in cui gli stessi potevano essere considerati idonei a dimostrare l’esistenza di un accordo tra le parti per l’utilizzazione da parte della correntista d’importi eccedenti la disponibilità esistente sul conto.

Corte di Cassazione, ordinanza n.2338 del 24.01.2024