Con sentenza n.156 del 18.03.2022, anche il Tribunale di Campobasso ha ravvisato profili di illegittimità nei contratti di mutuo prevedenti il rimborso del capitale secondo il metodo “alla francese” che, come oramai noto agli addetti ai lavori, viene usualmente applicato dalle banche facendo impiego, pur in assenza di specifica pattuizione contrattuale, del regime finanziario composto degli interessi in luogo di quello semplice ad esso alternativo e più favorevole ai mutuatari.
Di seguito si riportano i passaggi salienti della sentenza.
“Ebbene, il risultato cui perviene il CTU ha condotto alla dimostrazione che lo sviluppo del piano di ammortamento c.d. alla francese è avvenuto con l’applicazione del regime composto nonostante nel contratto mancasse l’espressa pattuizione di una clausola contrattuale che consentisse l’impiego di un simile regime, provocando sia l’effetto di un maggior esborso a carico del mutuatario a titolo di interessi rispetto all’ipotesi in cui il piano di ammortamento fosse stato formulato in regime di capitalizzazione semplice e, soprattutto, quello di aver reso indeterminabile il calcolo degli interessi che, invece, avrebbero dovuto essere concordati e riportati con esattezza nel contratto (cfr. Cass. 25205/2014; n. 8028/2018)”.
“Difatti, sebbene il contratto di mutuo riporta l’esplicita indicazione della misura del tasso di interesse convenuto, dall’analisi delle complessive condizioni pattuite non è possibile individuare una metodologia di calcolo che sia coerente ed univoca; in particolare, dal contratto di mutuo non risulta concordato per iscritto né il regime finanziario adottato, essendo insufficiente la mera indicazione del piano di ammortamento alla francese potendo quest’ultimo essere determinato sia in regime di capitalizzazione semplice sia in regime di capitalizzazione composta, né il sistema di calcolo degli interessi la cui mancanza può condurre all’applicazione di una pluralità di tassi di interessi”.
“L’applicazione delle clausole relative al tasso di interesse richiede, quindi, una scelta applicativa tra più alternative possibili e ciascuna di queste alternative determina l’applicazione di tassi di interessi diversi, come appare evidente se si procedesse alla ricostruzione del piano di ammortamento sia in regime di capitalizzazione composto che in regime di capitalizzazione semplice dalla quale risulterebbe inequivocabilmente che l’applicazione della capitalizzazione composta determina, ai danni del mutuatario, l’applicazione di interessi più alti rispetto al tasso pattuito”.
“….il contratto di finanziamento, oltre ad essere privo di riferimenti sul regime finanziario utilizzato per il calcolo della rata costante, ha prodotto come risultato l’applicazione di un tasso effettivo non corrispondente a quello convenuto nel contratto, per cui le clausole relative al calcolo degli interessi non appaiono determinate, posto che ad un medesimo T.A.N. possono corrispondere interessi di diversa entità a seconda del regime finanziario adottato ( semplice o composto)”.
“Senza l’esatta identificazione del regime finanziario adottato, che consenta di eseguire un calcolo matematico il cui criterio risulti con esattezza dallo stesso contratto, viene meno il requisito di determinabilità imposto dall’art 1284 c.c. (cfr. Cass. N. 8028/2018)”.
“Deve, pertanto, affermarsi la nullità delle clausole relativa al tasso di interesse, poiché non soddisfa il requisito di determinatezza/determinabilità del suo oggetto, come prescritto dagli articoli 1418 e 1346 c.c. atteso che il contratto di mutuo, nella parte relativa alla determinazione degli interessi, rinvia ad un piano di ammortamento che dà luogo a soluzioni applicative differenti”.
“Alla declaratoria di nullità segue la sostituzione di diritto della sola clausola nulla ex art. 1284, terzo comma, c.c. e, quindi, l’applicazione del tasso di interesse legale in luogo di quello ultralegale previsto nel contratto”.
La pronuncia va segnalata per almeno tre distinte ragioni.
La prima concerne il corretto inquadramento della problematica dal punto di vista tecnico, avendo – il Tribunale – fatto comprendere che con i medesimi dati contrattuali (importo finanziato, tasso d’interesse nominale, durata e periodicità delle rate) è possibile elaborare due distinti piani di ammortamento.
La seconda ragione attiene all’importanza – ben evidenziata in sentenza – della pattuizione di una clausola, quale quella relativa al regime finanziario, direttamente incidente sul totale degli interessi che il mutuatario è chiamato a pagare alla banca.
La pronuncia merita attenzione anche nella misura in cui il Magistrato ravvisa – nella condotta dell’istituto di credito – la violazione dei principi di correttezza e buona fede.
In ultimo, occorre evidenziare la (corretta) non sovrapposizione/confusione – errata a parere dello scrivente – tra i concetti di capitalizzazione e anatocismo.
Di contro, qualche riflessione ulteriore meriterebbero le conclusioni di natura giuridica cui è pervenuto il Tribunale in ordine sia al vizio di indeterminatezza sia all’applicabilità del criterio di eterointegrazione ex art.1284 c.c.
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